Usava definire la vita “povero piccolo sogno”: aveva tutte le ragioni per farlo. Essere destinato a morire di tisi a 21 anni non lascia spazio a diverse definizioni.
Le poesie di Sergio Corazzini, romano, antesignano dei crepuscolari, furono da lui composte stando perennemente dinnanzi allo spettro della fine. Tutti lo siamo, certo, sempre, ma nel suo caso era estremamente vicina. E della dolcissima malinconia di quei versi parliamo ancora oggi, facendo forse un dispetto a quella morte che ce lo tolse così presto.
«Perché tu mi dici: poeta?
Io non sono un poeta.
Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.
Vedi: non ho che le lagrime da offrire al Silenzio.»
Dunque non facciamolo mai!
Chiamiamolo solamente “Sergio” e basta.