Le cianfrusaglie nei cassetti: antidoto all’inesorabile scorrere del tempo

Le cianfrusaglie nei cassetti: antidoto all’inesorabile scorrere del tempo

Pile mezze scariche, graffette, nastrini, bottoni, le guarnizioni della moka, puntine da disegno, buoni mensa, molle e poi ancora elastici, gomme, biglietti da visita, ricevute fiscali e molto altro ancora.

Non è una questione di ordine o disordine: i cassetti delle nostre case si riempiono sistematicamente di cianfrusaglie che lo vogliate o no. All’inizio sono due o tre cosette, una penna, una matita, un foglietto. Dopo qualche anno è un mare di ammenicoli e cineserie.

E ciò che è più grave è che la maggior parte di queste gigiate sono destinate a rimanere lì dove sono, perché – statene certi – non le tireremo più fuori di lì. Così capita che uno passi trenta o quarant’anni in una casa senza mai prendersi la briga di capire cosa diavolo ci fa nel cassetto della madia e di chi è quel cerchietto per capelli con la farfallina rosa, o come sia finita nello sportellino sopra alla cucina una carta di credito scaduta nel 1987. E per quale incomprensibile ragione non ci decidiamo a buttare nell’immondizia quel paio di occhiali da sole con una lente sola?

Insomma, oggetti che saltano fuori esclusivamente quando non li cerchi più e che, però, non abbiamo cuore di portare in discarica. Perché?

Forse perché ogni cosa ha una sua ragione d’essere ed avendo un ruolo – seppur microscopico – nelle nostre vite, liberarcene ci provocherebbe un piccolissimo dolore. Per questo le mettiamo lì, perché – diciamo – “potrebbero sempre servire…” e in realtà lo sappiamo fin troppo bene che non ci serviranno manco per niente.

I cassetti di casa diventano così depositari inconsapevoli di un recesso minimo del nostro cuore, scrigni della memoria, l’equipaggiamento che ci conforta nel percorso della vita e ci accompagna lungo l’inesorabile, spaventoso eppure miracoloso scorrere del tempo. Sono moderni vasi canopi nel nostro lento appropinquarci all’incontro con il Destino. A quei pomelli, infatti, capita che talvolta ci aggrappiamo per esorcizzare l’insana paura, che ci coglie, che tutto sia completamente inutile e senza senso.

Così ogni tanto li apriamo, questi cassetti, e sorridendo ci curiosiamo dentro, cercando il filo che ognuno di quegli oggettini ha intessuto con un pezzo del nostro tempo passato. Prendi quel tubetto di colla oramai vuoto: era servito per incollare le fotografie sull’album di famiglia, Lucia era riuscita a fare tutto con un solo tubetto. E quel biglietto dell’autobus di quando Mauro andava alle superiori: adesso sta a Boston e fa l’avvocato. Sono passati trentacinque anni. Eppure, sembra ieri.