Dove si fabbricano i sorrisi delle vacanze? Me lo chiedo ogni anno, quando la stagione più calda lancia la prime avvisaglie, diciamo la metà di maggio, e la gente prenota vacanze, fa ardue prove costume, progetta avventure galanti, sogna scenari incantati, si arrovella su Booking per trovare l’offerta migliore e fregare sul tempo tutti gli altri. Quelli sono i giorni in cui prende il via la ricerca. Si badi: è solo onesta curiosità, la mia. Non lo faccio per interesse né per bisogno. Quasi un hobby, ecco. Mi metto lì, cartina alla mano, e mi metto a cercare. Dopo qualche tempo le trovo.
Sono piccole misteriose botteghe, con insegne consumate dal tempo, spesso invisibili dalla strada. Per entrarci si devono infilare improbabili viuzze laterali che portano chissà dove. Gli artigiani che vi lavorano sono gli ultimi discendenti di antica stirpe, depositari di una saggezza e di una maestria vecchie come il tempo. È lì, in questi laboratori polverosi che si fabbricano i sorrisi.
Perché è di quello che si necessita soprattutto quando si parte per una vacanza. Il retaggio dell’inverno, delle interminabili settimane lavorative, le ansie scolastiche dei figli, i debiti, le delusioni, le maldicenze, le invidie: se si è sopportato tutto ciò per lunghi mesi è stato solo per poter arrivare alla metà di maggio e, non appena possibile, infilarsi proprio in una di quelle botteghe. A farsi fare un sorriso. Su misura. Credo sia abbastanza superfluo dire che sono fatti bene, talmente bene da sembrare veri. Nessuna giuntura o cucitura sulla pelle, la bocca è tale e quale, solo che è inarcata verso l’alto, leggermente aperta, quel che basta per mostrare buona parte della chiostra bianca dei denti. Un lavoro a regola d’arte, pronto ad essere immortalato in migliaia di fotografie, con ambientazioni accattivanti, in località di villeggiatura, davanti a monumenti famosi, attorno a tavole imbandite, su spiagge, sentieri montani, barche, verande, sedie a sdraio, eventi mondani, buffet, mostre, concerti, cene a lume di candela.
Quando la vacanza finisce e una folata di aria fredda, improvvisa, pare annunciare già le avvisaglie dell’autunno, ecco che arriva il momento di tornare in bottega. L’artigiano conosce bene il suo mestiere. Sa quanto è più difficile smontarlo un sorriso. (Non è ragione tecnica. L’artigiano ha tutti gli attrezzi e gli strumenti che occorrono.) È perché il cliente ha un problema: al sorriso ci si affeziona. Non vorrebbe abbandonarlo più, e magari tenerselo su ancora qualche settimana, magari un mese, o addirittura fino a Natale. Ma per quello ci sono altri sorrisi appositi. Modelli molto simili, leggermente più costosi, ugualmente inutili.