A forza di esportare democrazia sono rimasti senza

A forza di esportare democrazia sono rimasti senza

La notizia è questa: centinaia di sostenitori di Donald Trump sono entrati all’interno di uno degli edifici istituzionali più importanti degli Stati Uniti d’America: il Campidoglio. Lo hanno fatto – per l’esattezza – il giorno 6 gennaio dell’anno del Signore MMXXI (lo scrivo in numeri romani perché la ritengo una data storica, che credo dovrà restare scolpita nel marmo). A seguito della situazione, è stata sospesa la sessione del Congresso in cui doveva essere approvata l’elezione di Joe Biden come presidente ed il vicepresidente uscente Mike Pence, che presiedeva la sessione, è stato portato fuori dall’edificio. 
Cosa hanno dunque fatto questi gentlemen una volta entrati? Beh, una caterva di selfies innanzitutto: si capisce, l’occasione era troppo ghiotta. Istantanee da condividere sui social e da mostrare a parenti e amici. Per il resto credo non avessero nemmeno loro idea di che cosa fare esattamente, una volta dentro. Una goliardata, insomma, che però ha un costo altissimo: si parla di quattro morti e numerosi feriti.

Lo sconcerto mi ha assalito, lo confesso, nel bel mezzo di Milan-Juventus e non riesco a dargli una forma scritta. Posso farlo solo con una parola per volta. Sono regredito allo stato di bimbo in fasce. Chiedo scusa, ma l’evento mi ha letteralmente rimbambito. La prima e unica parola è che riesco a pronunciare, in questo mio reimparare a parlare, è “sostenitori”. Loro innanzitutto mi hanno sconvolto. Primo per il fatto che sono arrivati a centinaia, armati, alle soglie di Capitol Hill e nessuno li ha fermati. Il moralismo perbenista made in U.S.A. permette a tutti di manifestare e radunarsi senza bisogno di autorizzazioni o controlli preventivi; l’unica condizione richiesta è quella di essere bianchi suprematisti (fossero stati neri sarebbero stati trucidati molto prima di poter avvicinarsi al Palazzo). Tutto qui. Dov’era la Guardia nazionale?! Dov’era l’esercito?! Solo qualche decina di agenti a protezione del cuore pulsante dell’America?!
Eppure il raduno era tutto tranne che una sorpresa. Era stato lo stesso Trump a invitare i suoi sostenitori più irriducibili a manifestare contro la vittoria elettorale di Joe Biden, e si erano dati appuntamento proprio il 6 gennaio. In Italia, per dirne una, si incontrerebbe molta più opposizione se qualcuno decidesse di assaltare il consiglio comunale di Poggibonsi o il Dopolavoro Ferroviario di Corigliano Calabro.

(Ma della mise di questi signori, ne vogliamo parlare? C’è davvero da rimanere a bocca aperta davanti alle immagini arrivate da Washington D.C.. Una lezione professionale e definitiva per tutti gli sceneggiatori, truccatori e costumisti di Hollywood e Netflix messe assieme. C’è perfino uno sciamano, vestito con un copricapo che pare appena uscito dalle pagine di Zagor.)

E Donald Trump? Dov’era in quei momenti? Stava twittando, naturalmente. “Lo so che siete feriti, ci hanno rubato le lezioni. Un’elezione che abbiamo vinto a valanga e lo sanno tutti. Ma dovete andare a casa ora”, “dobbiamo avere pace, ordine, legalità e rispettare” gli agenti, aggiunge Trump. “non vogliamo che nessuno venga ferito. È un periodo difficile: questa è stata un’elezione fraudolenta ma c’è bisogno di pace. Andate a casa, siete speciali, vedremo cosa accade”. Ora, sul fatto che i componenti di tale fauna siano speciali credo che nessun possa contestarlo. “Su, su andate a casa, ragazzi… Ci hanno rubato le elezioni, vedremo…” Ha tutta l’aria di essere una ritirata strategica. E quel “vedremo” fa più paura di una minaccia nucleare. Fa paura se pensiamo che alle ultime elezioni non sono stati un apprendista sciamano, un boscaiolo del Wyoming, un barbuto con l’aria da santone e tre cowboys sovrappeso a votare Trump, ma più di settanta milioni di elettori. E fa ancora più paura se pensiamo a cosa sarebbe potuto accadere se alla testa della crociata di questi pezzenti mentali si fosse messo proprio lui, il Presidente uscente, Donald John Trump, venuto (purtroppo) in questo mondo il 14 giugno 1946 al Jamaica Hospital Medical Center, New York, Stati Uniti.
Anzi, facciamo così, meglio non pensarci.

La democrazia americana – la tanto sbandierata democrazia a cavallo della quale gli yankees sono andati in giro per il mondo a posizionare dittatori e governi amici o a farne sparire e cadere di scomodi – ora traballa paurosamente.
Forse è colpa del Covid e delle restrizioni se questa volta il colpo di stato hanno dovuto farselo in casa, anziché in uno stato africano, asiatico o centroamericano. Che ci volete fare? Sono tempi duri per tutti: lo sanno perfino loro, e si sono dovuti adattare. A forza di esportare democrazia sono rimasti senza.
Ma c’è un’ultima cosa. “Ciò che è avvenuto a Washington dimostra che fallimento sia la democrazia occidentale”: lo ha detto il presidente iraniano Hassan Rouhani in un discorso televisivo. Deve farci riflettere un bel po’, temo.