Quanto spesso capita, in mezzo ad una festa, nel bel mezzo di una concitata discussione, o più semplicemente nel caotico vivere quotidiano di perdere la concezione del tempo? Di dimenticare, per un tempo illimitato, che la nostra esistenza è limitata, ha una data di scadenza che, per nostra fortuna o sfortuna, è nascosta ad ognuno. E questa è una delle più grandi benedizioni dell’essere umano. Il non essere in costante contatto con la concezione della morte, il non pensare incessantemente alla nostra miserabile limitatezza. Al tempo stesso però rimane un insormontabile limite. Il non vedere, infatti, la lancetta che scorre può portare l’individuo a sentire la propria persona come invincibile. Il non affrontare il proprio limite e la propria miseria di conseguenza non lo rendono conscio della sua reale natura, ed al tempo stesso lo portano a valutare in maniera esageratamente soggettiva tutti i valori etici e morali propri dell’essere umano in quanto tale. E in che modo allora si può avere coscienza del sé? Essere consapevoli di ciò che si vive, di ciò che si crede e di ciò che si ama senza al tempo stesso essere assillati dal costante pensiero di avere un tempo di scadenza inderogabile?
Si tratta di trovare il giusto equilibrio. Equilibrio che nel caotico e infestato presente si è andato totalmente a perdere. Basti prendere come esempio l’orologio. La lancetta è spietata nella sua meccanicità. Ogni secondo batte. Non importa cosa stia accadendo attorno. Non importa quali gioie, quali dolori si stiano consumando. La lancetta continuerà a muoversi. E ad essa, ad una distanza a noi impercettibile, si udirà il suo conseguente suono. Quel ticchettio implacabile, che a seguito dell’abitudine diventa quasi colonna sonora di pomeriggi troppo solitari e spesso troppo indolenti. Eppure questa abitudine è ormai persa. Ormai il tempo ha cambiato aspetto, ha cambiato forma. Non c’è più un incessante battere. Ci sono soltanto degli asettici numeri, delle asettiche forme.
Ma la cosa peggiore, è che l’essere umano si è arrogato il diritto di stabilire quando, quanto e se guardare lo scorrere del tempo. La maggior parte degli individui oggi, infatti, utilizzano il proprio smartphone per controllare l’ora. Se non viene compiuto il gesto, o se più semplicemente l’occhio umano rifiuta, o in modo coercitivo viene portato a rifiutare di considerare di guardare quella serie di codici che proiettano dei numeri che rappresentano il tempo, si crede allora che il tempo sia in nostro possesso. Che semplicemente perché non valutato non scorra più. Eppure le sere scorrono ugualmente, le gioie appassiscono e le ferite ci cicatrizzano e invecchiano, anche se non mai abbastanza. E ci si ritroverà sempre a rimpiangere tempi passati perché non in grado di costruirne di nuovi, poiché la lancetta non scorre più e non c’è più alcun motivo imprescindibile per alzarsi dal divano.