Forse il giorno di Natale è stato scelto per un motivo ben preciso. E cioè perché il 25 dicembre 2021 potrebbe essere ricordato in futuro come il giorno in cui l’astrofisica venne “veramente” al mondo. Il giorno che cambiò per sempre la nostra comprensione dello spazio così come lo conosciamo. Una “Natività” scientifica destinata ad essere celebrata nei secoli futuri.
Satolli di pranzi e cenoni natalizi, obnubilati dalle chiacchiere di decine e decine di parenti misconosciuti, forse non abbiamo fatto molto caso a quel che è avvenuto alle 13.20, ora italiana, nel centro spaziale della Guyana Francese. Probabilmente lo sguardo si è posato sullo schermo della tv e, mandando giù l’ultimo sorso di spumante, abbiamo visto il razzo Ariane 5, ragionando su quanto ci sembri talmente inutile continuare a spedire velivoli di quel tipo lassù, quando quaggiù siamo impegnati a sciogliere le catene del virus.
Ed invece il telescopio spaziale James Webb potrebbe davvero fare luce su almeno un paio dei misteri che avvolgono la presenza terrestre nell’universo. “È iniziato un nuovo entusiasmante decennio di scienza. La missione del James Webb cambierà la nostra comprensione dello Spazio come lo conosciamo”, ha twittato la Nasa immediatamente dopo il decollo del razzo, frutto della collaborazione con Agenzia spaziale europea (Esa) e agenzia spaziale canadese (Csa).
Andrea Ferrara, professore ordinario di Astronomia e Astrofisica della Classe di Scienze della Normale di Pisa, ha spiegato all’AGI che “James Webb, che inizierà a osservare l’universo dal maggio 2022, è uno strumento potentissimo, lungo sei metri e mezzo. Affronterà un viaggio di un milione e mezzo di chilometri dalla terra e potrà eseguire osservazioni straordinarie grazie all’altissimo livello tecnologico con cui è stato disegnato e progettato. Il suo viaggio verso la destinazione durerà sei mesi e, una volta arrivato in postazione, fatte le necessarie verifiche da terra, inizierà le osservazioni”.
“Vedremo – ha aggiunto Ferrara – cose inimmaginabili. Ci aspettiamo molte sorprese perché non abbiamo mai visto prima queste realtà”.
Senza esagerazioni, è una rivoluzione copernicana, l’invenzione del fuoco o della ruota, una di quelle tappe fondamentali un cui l’umanità è in grado di dare una svolta alla propria evoluzione. Potremo bussare alle porte del cielo, al camerino di Dio. “Toc, toc, c’è nessuno là fuori?!”
Ma cosa potrebbe scoprire di fatto il nuovo telescopio? Cosa vedrà questo occhio dell’umanità puntato verso i confini dell’universo conosciuto? Verso le primordiali oscurità dell’inconoscibile?
James Webb è uno strumento potentissimo, rispetto al quel il vecchio telescopio “Hubble” è ora una specie di ferro vecchio. Per dare un’idea delle sue potenzialità percettive, Webb è in grado di registrare la variazione termica prodotta da una creatura grande come un calabrone che orbiti attorno alla Luna, cioè a quasi 400mila chilometri di distanza.
Guarderemo indietro nel tempo, ancora di più di quanto si sia riusciti a fare fino ad ora. È molto probabile che vedremo la luce che galassie lontane hanno emesso all’incirca all’epoca del Big Bang, circa 13 miliardi di anni fa. Forse perfino l’universo, la forza creatrice o il Caso, riusciranno a vedere – attraverso JWST – dettagli di se stessi. E a capirci qualcosa, finalmente.
Ma c’è anche un pericolo in tutto ciò. E cioè che i risultati di questa ricerca costringano la scienza a rivedere convinzioni profondamente radicate, come ad esempio la datazione stessa dell’universo, oppure l’esclusività umana, l’unicità della vita terrestre nel cosmo. Ci si potrebbe trovare di fronte a scenari inediti, situazioni talmente impreviste che in un sol colpo potrebbero fare a pezzi millenni di leggi morali, di codici etici e di dottrine religiose. Sarebbe il caos. Un Big Bang al contrario che porterebbe il genere umano alla più grave crisi di identità della sua storia.
“È come cercare il progenitore dell’uomo”, ha commentato in chiusura dell’intervista il professor Ferrara.
Speriamo non sia troppo diverso da come ce lo siamo immaginati fino ad ora.